Onora i Tuoi Limiti

Onora i Tuoi Limiti

Quante volte ci siamo trovati a pensare che se potessimo raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissi, allora sì che staremmo bene e non proveremmo tutto il disagio che stiamo provando ora? Questo eccessivo focus su certi traguardi ci porta a proiettare nel futuro ogni speranza di serenità e benessere.

In questo episodio affronto il perché siamo così proiettati nel futuro, quali conseguenze ha su di noi questa resistenza a restare nel momento presente, e come possiamo scegliere di restare nel qui ed ora e trovare quella contentezza che tutti cerchiamo.

Tutti Abbiamo Bisogno

Volenti o nolenti, i nostri bisogni su tutti i livelli sono un po’ il motore che propelle la nostra vita. Ogni nostro movimento verso l’esterno può essere ricondotto ad un impulso interno connesso ad un bisogno su qualche livello, che sia fisico, emozionale, mentale o spirituale. 

Abbiamo bisogni a livello fisico, legati all’alimentazione, al giusto equilibrio fra attività fisica e riposo, al contatto fisico con altre persone e via discorrendo. A livello emozionale abbiamo bisogno di relazioni amorevoli e di avere scambi emozionali significativi con altre persone, di provare determinati sentimenti e di sentirci compresi in questa parte di noi. A livello mentale abbiamo bisogno di avere chiarezza sulla nostra vita, di dialoghi appaganti e di sentirci stimolati nella nostra sfera intellettuale. Anche a livello spirituale abbiamo dei bisogni, come quello di fare esperienze spirituali, di sentire di fare parte di qualcosa di più grande e di sentirci connessi con una guida interiore. 

Tutti e molti altri di questi bisogni, in qualsiasi momento della nostra vita, ci muovono, ci guidano e ci chiedono di essere soddisfatti. Alcuni di questi bisogni sono più essenziali di altri e dunque, quando troviamo un giusto appagamento di quelli che sono i nostri bisogni primari, allora proviamo un senso di pace ed equilibrio. Diversamente, quando ci sono bisogni importanti che rimangono insoddisfatti, proviamo un senso di irrequietudine e malessere.

Una delle cause principali del disagio che provano le persone che si rivolgono a me è legata proprio a questo: ad uno o più bisogni primari insoddisfatti e al fatto che spesso nemmeno sanno bene quali siano. È comune pensare di avere determinati bisogni che, col tempo, si dimostrano non essere ciò che realmente ci serve. Questo genera in noi un senso di smarrimento che difficilmente svanisce se non dopo che queste esigenze sono state identificate ed in qualche modo appagate.

Nell’episodio di oggi ti parlo dell’importanza dei bisogni nella nostra vita. Ti aiuterò a fare chiarezza sul perché è importante fare distinzione fra quelli adulti e quelli infantili, sulle radici di questa nostra difficoltà a soddisfarli, su come questo ci porta a creare determinati tipi di relazioni e su come possiamo prenderci meglio cura di essi, portando beneficio alla nostra vita individuale e relazionale.

DISTINZIONE FRA BISOGNI ADULTI ED INFANTILI

Poiché i bisogni sono così importanti per ognuno di noi, una tematica ricorrente che emerge soprattutto nelle sedute di coppia, ma spessissimo anche in quelle individuali, riguarda quella frustrazione che affiora dentro di noi quando vorremmo che un’altra persona ci dicesse determinate cose o si comportasse in una determinata maniera nei nostri confronti. Questa persona può essere il nostro partner, un’amica, un genitore o chiunque altro abbia per noi un significato, insomma qualcuno da cui ci aspettiamo che, facendo e dicendo certe cose, ci faccia sentire in una certa maniera. 

Solitamente l’aspettativa è quella di farci sentire bene, quindi belli, intelligenti, speciali, protetti, importanti, meritevoli di amore e via discorrendo. Dunque i conflitti emergono quando l’altra persona fa o dice qualcosa che così non ci fa sentire. Ad esempio: “quando mi contraddici in pubblico, mi fai passare per stupido”, oppure “se non ti rendi conto che non sto bene, allora evidentemente non mi ami”, oppure ancora “se secondo te questo vestito non mi sta bene, allora forse per te non sono bella”.

Questi sono magari solo dei cliché, ma sono certo che ti sarà capitato di dire o di sentirti dire cose simili e dunque di sentire che l’altra persona ti dava la responsabilità di ciò che avrebbe dovuto provare. E laddove è importante poterci sentire apprezzati in una relazione di qualunque tipo, che sia romantica, amicale o familiare, al contempo spesso deleghiamo ad altri il compito di farci sentire in maniere che non spetta a loro farci sentire. Questo genera tensioni e conflitti perché questa aspettativa viene delusa e la persona in questione si ritrova a provare stati di disagio poiché non prova sensazioni per lei importanti. Possiamo dunque andare avanti giorni, mesi e anche anni a sentirci frustrati perché quelle persone alle quali abbiamo delegato un certo ruolo, non ci fanno sentire come vorremmo.

Questo malessere deriva dal fatto che dentro di noi ci sono importanti bisogni che non sono appagati. E poiché questi bisogni non sentiamo di poterli appagare autonomamente, li deleghiamo ad altri. Ci sono diversi motivi per i quali non sentiamo di poter soddisfare questi bisogni da soli e ti sarà chiaro più avanti, quando ti parlerò del momento della nostra vita in cui sono sorte queste difficoltà in noi. Ora vorrei spiegarti l’importante differenza fra bisogni adulti e bisogni infantili

Essenzialmente, i bisogni adulti sono quelli che possiamo appagare nel presente attraverso l’interazione con altre persone, mentre quelli infantili sono bisogni che non sono stati appagati dai nostri genitori quando eravamo piccoli e che ancora oggi ci portiamo dietro, aspettandoci che altri li appaghino per noi. Quelli adulti sono bisogni importanti che contribuiscono al nostro benessere, ma che anche se non vengono appagati immediatamente, ci permettono di vivere comunque serenamente. I bisogni infantili, invece, sono bisogni primari che muovono un senso di urgenza dentro di noi e ci danno la sensazione di non poter sopravvivere se non li soddisfacciamo prima possibile

Quando un bisogno adulto non viene soddisfatto, crea insoddisfazione e un certo livello di frustrazione. Quando invece è un bisogno infantile a non essere appagato, i nostri livelli di stress e ansia sono molto più alti e c’è una necessità impellente che questo venga soddisfatto il prima possibile. Questo è il motivo per cui le tensioni e gli scontri possono essere più intensi nella relazione quando è quest’ultimo tipo di bisogno ad essere in gioco. 

Quali sono dunque i bisogni adulti e quali quelli infantili? 

Alcuni dei bisogni adulti sono:

Affetto

Sentirci Apprezzati

Senso di Appartenenza

Comunicazione

Cooperazione

Vicinanza

Intimità

Sessualità

Sicurezza

Contatto

Comunione

Compagnia

Coerenza

Reciprocità

Rispetto

Armonia

Supporto

Chiarezza

Calore

…solo per menzionarne alcuni, ma ce ne sono decine di altri, naturalmente.

I bisogni infantili invece sono: 

Sentirsi belli

Sentirsi importanti

Sentirsi intelligenti

Sentire di valere

Sentirsi protetti

Sentire di meritare amore

Sentire di meritare rispetto

Sentire di meritare supporto

Sentire di meritare considerazione

…di appartenere

…di essere accettati

…fiducia

…fedeltà

…fondamentalmente sentire di meritare qualunque altra cosa. 

Se ci hai fatto caso, ogni bisogno infantile è preceduto dal verbo “sentirsi”. Sentirsi belli, sentirsi importanti e via discorrendo. Oppure, di sentire di meritare: amore, rispetto, supporto, ecc. Questi tipi di bisogni sono dunque legati alla nostra capacità di sentire determinate qualità fondamentali che ci riguardano e di sentire di meritare di ricevere dagli altri ciò di cui abbiamo bisogno. Sono bisogni primari che riguardano l’essenza di chi noi siamo ed in gran parte riguardano la nostra capacità di sentire questi valori. 

Tornando ai bisogni adulti, sono quelle esperienze delle quali abbiamo bisogno in una relazione, come la comunicazione, l’intimità ed il sostegno. Se in un qualunque momento, però, questi possono essere assenti, non poter avere comunicazione, contatto o sostegno può essere frustrante, ma nel complesso non condiziona radicalmente come noi percepiamo noi stessi. Se però in un qualsiasi momento dovessimo sentire di non essere delle belle persone, di non meritare supporto o di non avere un valore, allora questo ha un impatto enorme sulla nostra vita perché riguarda il nostro essere in senso assoluto e quasi non sentiamo di poter andare avanti prima di averne avuto la conferma. Soprattutto, se il concetto di “in questo momento non ho la possibilità di ricevere sostegno” riguarda un momento presente e transitorio, perché magari domani può venire un nostro amico a darci una mano, il pensiero che “non merito sostegno” è un concetto assoluto che ingloba il nostro passato, presente e futuro. Così come non lo merito adesso, potrei non averlo mai meritato e non meritarlo mai. Oppure possiamo pensare di aver fatto qualcosa di imperdonabile che ha cambiato la situazione drasticamente e nessuno vorrà mai più darci sostegno. Insomma, la nostra mente va a nozze con questo tipo di pensiero negativo, catapultandoci in uno stato di profondo malessere, dal quale possono anche nascere conflitti con le persone che ci circondano. 

In base al fatto che uno stesso bisogno è legato alla nostra parte adulta o a quella infantile, la nostra reazione è diversa in quelle situazioni dove quel particolare bisogno viene a mancare.

Ti faccio l’esempio di uno stesso bisogno, quello di ricevere sostegno, dalla prospettiva adulta e poi da quella infantile.

Marco sta attraversando un momento difficile. Qualche settimana fa si è lasciato con il suo compagno e oggi è proprio una giornata no. Poiché non ha voglia di stare da solo e gli farebbe bene parlare con qualcuno, manda un messaggio ad Andrea, il suo migliore amico, chiedendogli se ha voglia di vedersi. Lui gli risponde che quel giorno è particolarmente impegnato col lavoro e non sarà in grado di spostarsi, ma se vuole, potranno sentirsi telefonicamente quella sera e vedersi l’indomani. Non è l’ideale per Marco, che vorrebbe poter parlare con qualcuno adesso, ma accetta di buon grado comunque. Potrebbe chiedere a qualcun altro di vedersi, ma in questo momento sente di aver bisogno di una persona particolarmente vicina al suo cuore, quindi va bene così. Si organizza la giornata in modo da prendersi cura di sé, mangiando cose che lo fanno star bene e andando a fare una passeggiata in natura, che è sempre rigenerante per lui. La sera, quando torna a casa si sente con Andrea, che si dimostra amorevole ed empatico. La telefonata gli lascia una bella sensazione addosso, essendosi sentito ascoltato e supportato nella sua giornata difficile. Va a letto tranquillo sapendo che l’indomani vedrà il suo amico. 

Lo stesso scenario, nel momento in cui il bisogno è infantile:

Marco è in subbuglio. Qualche settimana fa si è lasciato con il suo compagno e da allora sta vivendo un’altalena di emozioni, oggi in maniera particolare. Com’è successo tante altre volte, ha addosso un senso di smarrimento e un urgente bisogno di qualcuno vicino perché non sente di farcela da solo. Scrive ad Andrea, il suo migliore amico, con l’aspettativa di poterlo vedere oggi stesso. Gli manda un po’ di messaggi finché Andrea finalmente risponde. Gli dice però che quel giorno è particolarmente impegnato col lavoro e non sarà in grado di spostarsi, ma se vuole potranno sentirsi telefonicamente quella sera e vedersi l’indomani. Questa risposta fa salire a Marco una profonda rabbia. Sa che Andrea è un libero professionista e che, se volesse, si potrebbe svincolare per andare da lui. Non sente giusto che, come Marco c’è sempre stato per lui, Andrea non si renda disponibile ad aiutarlo in un momento come questo, quasi come se non meritasse il suo tempo. Questo lo fa sentire di non valere abbastanza. Gli risponde stizzito che non importa e butta via il telefono. Sente che Andrea gli scrive qualcos’altro ma non ha voglia nemmeno di leggere le sue risposte. “Ecco, ci mancava anche questa” dice rabbiosamente fra sé e sé. La sua giornata trascorre faticosamente, non riuscendo a concentrarsi su nulla e passando da un disagio all’altro. Andrea lo chiama qualche ora dopo, ma Marco è risentito, gli risponde a monosillabi e chiude in fretta la telefonata, dicendogli che non sa se ha voglia di vedersi l’indomani. Passano i minuti e Marco si rende conto di sentirsi pure peggio di prima, colpevolizzandosi per aver trattato male il suo migliore amico e sentendosi di valere ancora meno. Quando va a dormire è nervoso e ci mette tanto ad addormentarsi.

Una situazione di questo tipo, nella quale stiamo attraversando un momento difficile e chiediamo ad un amico se ha voglia di vederci, se questo bisogno riguarda la nostra parte adulta, la nostra reazione può essere: “Accidenti, avrei proprio avuto bisogno di qualcuno con cui parlare oggi, ma dovrò aspettare fino a domani”, ma se riguarda la nostra parte infantile, la nostra reazione è qualcosa come: “Ecco, lo sapevo che non merito di essere sostenuto!” Nel primo caso c’è un bisogno importante, ma c’è anche la capacità di aspettare e di prendersi cura di sé nel frattempo. Nel secondo, c’è un senso di urgenza dettato dal sentire di non essere in grado di tollerare l’attesa, da un senso di impotenza nell’affrontare questa difficoltà da soli ed una rabbia legata al fatto che non sentiamo di meritare di ricevere sostegno.

Quello che può sembrare lo stesso bisogno, nel primo scenario riguarda il ricevere sostegno,  mentre nel secondo scenario si rivela essere il bisogno di sentire di meritare di ricevere sostegno. In quest’ultimo caso, la non disponibilità di Andrea nel dare sostegno immediato a Marco si traduce per quest’ultimo nel senso di non valore e di non meritare di essere supportato. 

Dunque perché, per ciascuno di noi, alcuni bisogni sono adulti ed altri infantili?

LE RADICI DI QUESTI BISOGNI

Ancora una volta troviamo nel nostro passato le radici delle nostre dinamiche presenti. I nostri bisogni infantili sono, appunto, dei bisogni che abbiamo avuto sin dalla nascita e per i quali abbiamo dovuto fare interamente affidamento sui nostri genitori. Il bambino è totalmente dipendente da queste due figure per avere la soddisfazione dei propri bisogni di base, così come una conferma del proprio valore e del proprio merito. Questi possono solo venire dall’esterno, poiché psichicamente non è ancora sufficientemente strutturato da poterseli procurare da sé. 

Ogni bimbo ha dunque bisogno del genitore per sentirsi bello, importante, intelligente e di avere un valore. Solo da un adulto può sentirsi protetto e sentire di meritare amore, rispetto, sostegno e qualsiasi altra cosa di cui senta il bisogno. Questa percezione del proprio valore su tutti i livelli parte dal riflesso che il genitore rimanda al bimbo, aiutandolo a riconoscere le proprie qualità essenziali che saranno le fondamenta sulle quali andrà a costruire la propria autostima. 

Quando questo accade ed i genitori riescono a rimandare al bimbo che vale e che merita, questo meccanismo viene poco alla volta interiorizzato, permettendogli di sentire queste come come verità ed essendo in grado di riconoscere a se stesso di avere una sua bellezza, una sua importanza, una sua intelligenza, un suo valore personale e di meritare di ricevere dagli altri quelle cose di cui ha bisogno, come l’amore, il rispetto, il supporto e tutto il resto. Sente che è un suo diritto. 

Quando, invece, questo riflesso non c’è oppure è vincolato a certe condizioni, il bambino inizia a faticare nel percepire le proprie qualità ed il proprio merito. Quando questa conferma è condizionata, il bambino in sé non sente di essere abbastanza per meritare questa approvazione, poiché se la deve guadagnare attraverso precisi comportamenti e gesti. Sente di dipendere dall’esterno, dunque dai genitori, come unica fonte di conferma di queste qualità e, col passare del tempo, quando inizia a frequentare ambienti al di fuori della famiglia, questa ricerca e richiesta continua. Iniziando la scuola, l’aspettativa è rivolta alle maestre, ai compagni (che anche se non sono adulti sono comunque figure esterne) e ad altre persone che li circondano.

Un effetto che questa mancanza di conferme ha sulla psiche di un bambino è che riduce la sua percezione del proprio valore. Poiché ci sono state date solo quando ci comportavamo in determinate maniere, abbiamo imparato che noi, per quelli che siamo, non siamo abbastanza per meritare di ricevere certi gesti di approvazione. Questo pensiero di non essere abbastanza va a condizionare i nostri comportamenti da adulti e quella che sarà la nostra autostima. 

In altri casi ancora, nei quali ci è stato fatto pesare il nostro bisogno di conferme, questo ci ha portato a sviluppare il senso di vergogna. Se vuoi approfondire quest’ultimo argomento, ti invito ad ascoltare l’episodio intitolato “Senso di Colpa e Vergogna - Come Distinguerli e Guarirli”. 

Ci sono diversi modi attraverso i quali, all’interno di una famiglia, è stata applicata questa approvazione condizionata. Alcune bimbe, per esempio, dovevano vestirsi e comportarsi in maniera sensuale per sentirsi dire che erano belle dai propri genitori, altri bimbi hanno dovuto prendere voti alti a scuola per sentirsi dire che erano intelligenti, altri hanno dovuto assumersi particolari responsabilità per sentirsi dire di essere importanti, altri hanno dovuto ottenere importanti risultati sportivi per sentirsi dire di valere, altri ancora si sono dovuti mostrare impotenti e spaventati per ricevere protezione dai propri genitori. 

Tutto questo ci ha portato ad essere insicuri e mancanti di autostima, sentendoci vincolati agli altri per poter sentire internamente di possedere delle qualità essenziali che sono alla base della nostra sopravvivenza psicologica ed emozionale. Ognuno di noi ha bisogno di sentire di avere un valore, ognuno di noi ha bisogno di sentire di avere una propria bellezza e intelligenza, ognuno di noi ha bisogno di sentire di meritare amore, rispetto, sostegno, considerazione e l’appagamento dei nostri bisogni affettivi più profondi. È letteralmente una questione di sopravvivenza. Vivere sentendo di non avere un valore è devastante, per questo ognuno di noi, in un modo o nell’altro, è costantemente coinvolto nel dimostrare a se stesso e agli altri di averne uno. 

Ed è anche per questo che, da adulti, nel momento in cui non sentiamo di poter dare a noi stessi questo senso di valore personale, siamo continuamente impegnati a procurarcelo da qualcun altro. C’è chi lo cerca buttandosi nel lavoro, chi nel mostrare la propria bellezza per avere l’approvazione altrui, chi ostentando la propria intelligenza per ottenere l’ammirazione altrui, chi creando una relazione romantica con qualcuno che gli garantisca in qualche modo di dargli conferma di quelle qualità che non è in grado di sentire autonomamente. 

Questi meccanismi compensativi, purtroppo però, non funzionano granché. Quando non siamo in grado di darle a noi stessi, queste conferme dall’esterno non sono mai abbastanza. Anche se ci vengono date ripetutamente dagli altri, non siamo in grado di farle nostre. Siamo come pozzi senza un fondo dove, a prescindere da quanta acqua viene buttata dentro, non siamo in grado di trattenerla e farla salire ad un livello che ci permetta di sentire che è abbastanza. Quando invece quelle conferme le abbiamo ricevute a sufficienza da piccoli, è come se fosse stato creato un fondo per il nostro pozzo. A quel punto, da adulti, ogni secchiata d’acqua che viene buttata dentro da noi stessi o da altri, va ad aumentare il livello facendoci sentire di essere abbastanza.

LE RELAZIONI CO-DIPENDENTI

Quando ci manca quel fondo, ci sentiamo chiamati a creare quel tipo di relazioni, che alcuni di noi potrebbero riconoscere, nelle quali riponiamo sistematicamente l’aspettativa che l’altra persona ci faccia sentire quelle qualità che non siamo in grado di sentire autonomamente. Poiché non sentire di avere un valore o di meritare di essere amati è internamente logorante, questa aspettativa è accompagnata da una carica emotiva molto alta, perché nel momento in cui questo valore non ci viene restituito nella maniera adeguata, crolliamo in quello stato nel quale siamo convinti di non valere niente e di non meritare di essere amati. 

È per questo che molte relazioni iniziano con questo contratto non scritto nel quale “se tu darai a me questa cosa, io ti darò quest’altra”. Questo tipo di relazione, che in gergo si chiama co-dipendente, parte proprio da questo presupposto: due persone con importanti deficit a livello affettivo che decidono di colmare vicendevolmente le rispettive lacune. La posta in gioco è alta perché sentire di non essere belli, importanti o meritevoli di amore è sinonimo di non valere nulla e sentiamo di non poter permettere che ciò accada. 

Fintanto che nella relazione questo scambio c’è e continua ad esserci, c’è stabilità ed un certo livello di armonia. Non appena, però, uno dei due vacilla nella sua “fornitura di conferme”, allora le cose iniziano a degenerare. L’aspettativa crea delusione e la delusione, protratta nel tempo, crea risentimento. 

Nella misura in cui non sentiamo di essere in grado di fornire quelle conferme a noi stessi, reagiamo negativamente quando queste non ci vengono date. In questo tipo di relazione viviamo i nostri partner come fossero genitori. Proviamo dunque le stesse emozioni nei loro confronti e abbiamo le stesse aspettative. Dunque, così come il bambino vuole tutto subito, noi stessi entriamo nella nostra parte infantile ed esigiamo che ciò che ci serve ci venga dato immediatamente. Questa urgenza è alimentata dalla sensazione che da soli non siamo in grado di procurarcelo, che senza non siamo in grado di sopravvivere e che non abbiamo gli strumenti per tamponare la situazione.

Poiché, siamo in un corpo adulto, però, spesso non ce la sentiamo di mostrare questa urgenza nella sua veste infantile e la copriamo piuttosto con discorsi e atteggiamenti all’apparenza adulti usando frasi come: “se mi ami, lo senti da sola che non sto bene”, o “poiché mi conosci da tempo, avresti dovuto capirlo”, oppure “poiché sei mio marito, mi aspetto che ci arrivi da solo”, frasi che spesso emergono nelle sedute di coppia.

DISTINZIONI FRA I BISOGNI

Siccome le dinamiche di dipendenza affettiva nascono dalla nostra parte infantile, esattamente come i bambini, abbiamo l’aspettativa che il nostro partner, come un genitore, soddisfi ogni nostro bisogno. È per questo che fatichiamo a distinguere tra i bisogni adulti e quelli infantili, perché vediamo l’altro come l’unica fonte di appagamento per ciò di cui abbiamo bisogno e che non sentiamo di poter dare a noi stessi. 

Ma poiché non siamo più bambini, abbiamo sia bisogni adulti che infantili. Questo significa che è molto importante sia per il nostro benessere personale che per il benessere della relazione, conoscere qual è il confine tra queste due tipologie di bisogno, soprattutto quando sembrano essere la stessa cosa. Faccio qualche esempio.

Il bisogno di sentirsi belli ed il bisogno di sentirsi attraenti

Parrebbero la stessa cosa, ma laddove il sentirci belli è qualcosa che proviamo internamente ed è una consapevolezza di noi stessi che solo noi possiamo avere, il sentirci attraenti è qualcosa che solo altri possono rimandarci. Come dice la parola stessa, riguarda la nostra capacità di attrarre gli altri. Quando confondiamo le due cose, ciò che facciamo è usare trucco, abbigliamento ed interventi estetici per renderci più attraenti possibili e cercare di derivare un senso di bellezza sulla base di quante persone dimostrano il loro interesse e apprezzamento. Poiché è importante per noi sentire di avere una nostra bellezza, se non siamo in grado di provare questa cosa internamente, siamo completamente in balia degli altri per averne la conferma. A questo punto, quando questo non accade, ci sentiamo brutti e viviamo un malessere profondo perché abbiamo confuso il sentire di valere con il piacere agli altri. Ma se non lo sentiamo internamente, anche quando abbiamo tanti ammiratori, questo senso di bellezza è precario e basta nulla perché crolli come un castello di carte.

Un altro esempio può essere il sentirsi al sicuro piuttosto che il sentirsi protetti. Laddove ognuno di noi ha bisogno di sentirsi al sicuro nella vita e in una relazione, se non ci sono pericoli e non siamo bambini, anziani, disabili o in qualsiasi modo incapaci di provvedere alla nostra incolumità, allora non abbiamo bisogno di qualcuno che ci protegga. Quando però confondiamo le due cose, abbiamo l’aspettativa che l’altro si prenda cura di noi proteggendoci. Se non abbiamo la capacità o la volontà di creare quelle circostanze che ci permettono di sentirci al sicuro dentro noi stessi e in una relazione (compreso l’interrompere la relazione stessa se ciò non è possibile), allora abbiamo l’aspettativa che l’altra persona si assuma la responsabilità di farci sentire al sicuro, dunque di farlo per noi. 

E come questi ce ne sono tanti altri di malintesi fra bisogni adulti ed infantili. In questo senso mi piacerebbe invitarti a fare un breve esercizio nel quale puoi scoprire se qualcuno di questi è presente anche in te. Ora te ne leggerò alcuni e ti farò qualche domanda che ti permetterà di avere maggiore consapevolezza di come ti relazioni a questo tipo di situazioni. Naturalmente qui non si parla di difetti, quanto di opportunità per avere maggiore consapevolezza delle tematiche sulle quali lavorare per trovare maggiore equilibrio nella tua vita. Rilassati e ascoltati:

  • Bellezza o attraenza: quanto ti dai da fare per lavorare sul tuo corpo e la tua estetica per piacere agli altri e quanto riesci a percepire la tua bellezza a prescindere da ciò che fanno o dicono gli altri?

  • Sicurezza o protezione: quanto hai l’aspettativa che qualcun altro ti protegga e ti dia quel senso di sicurezza che non sei in grado di creare dentro di te?

  • Essere intelligente o essere interessante: quanto cerchi di risultare interessante e brillante agli occhi degli altri, e quanto invece hai la consapevolezza di possedere una tua intelligenza?

  • Sentirti importante o sentirti valorizzato/a: quanto hai bisogno che altri ti dimostrino che sei importante dimostrandotelo con gesti e parole? E quanto invece senti di avere una tua importanza al di là di ciò che gli altri fanno o dicono?

  • Meritevole di amore o amato/a: quanto senti che attraverso gesti e parole gli altri debbano farti sentire meritevole di amore? E quanto senti di meritare amore anche se non ci sono particolari gesti o dimostrazioni?

  • Paura di stare da solo o desiderio di compagnia: Quanto spesso hai realmente voglia di stare con altre persone e quanto questo è la tua paura della solitudine e del disagio che emerge quando non c’è nessun altro con te?

In tutte quelle circostanze nelle quali non siamo in grado di generare quegli stati d’animo internamente, vogliamo che sia qualcun altro a farlo per noi. Viviamo un senso di impotenza poiché non ci sentiamo capaci di appagare questi bisogni per noi stessi, sentendoci dipendenti dagli altri e questo non ci fa stare bene. Dipendere dagli altri per la soddisfazione di questi bisogni profondi porta alla frustrazione o alla relazione co-dipendente, che può essere una relazione di coppia, una relazione familiare, una relazione amicale o anche il rapporto fra influencer e i propri follower. In questo tipo di dinamica c’è quindi sempre un rapporto di amore e odio tra le due parti, perché sentiamo che l’altro o gli altri ci hanno in pugno ed un nostro passo falso potrebbe far sì che loro ci tolgano quel sostegno di cui abbiamo disperato bisogno. 

VERGOGNA

Ma perché questo pudore nei confronti dei nostri bisogni?

Negli anni ’80 girava la pubblicità di un dopobarba nella quale una voce virile recitava il nome del prodotto seguito da: “…per l’uomo che non deve chiedere MAI”. Se cerchi questa frase su youtube, trovi il video della pubblicità in questione. Come me, chissà quanti altri che erano ragazzini in quegli anni avranno ascoltato questa pubblicità e assimilato il concetto che chiedere non è da uomini veri. 

Una delle principali cause che può rendere difficile chiedere è che spesso abbiamo un giudizio negativo nei confronti dei nostri bisogni e ce ne vergogniamo. In base a come possiamo essere stati cresciuti, abbiamo acquisito dei sistemi di credenze che affermano che la vulnerabilità, la fragilità ed il bisogno erano segni di debolezza. 

Questo però non fa sì che i bisogni scompaiano, anzi, semmai si fanno solo sentire più forti ed è più faticoso tenerli a bada. Per questo facciamo ricorso ad un escamotage nel quale, anziché chiedere, pretendiamo. Quando la mera aspettativa non si traduce automaticamente in una soddisfazione del nostro bisogno da parte di qualcun altro, si fa sentire ancor di più la nostra rabbia e frustrazione per un bisogno insoddisfatto che vorremmo non ci fosse. Piuttosto che chiedere, scegliamo di incanalarla in una sorta di indignazione rivolta all’altra persona perché non ci sta dando ciò che ci spetta di diritto, visto che siamo in relazione con lei. Là dove il bisogno ed il chiedere sono percepiti come segni di debolezza e ce ne vergogniamo, la pretesa ci dà un’illusione di forza e rende più tollerabile il fatto che anche noi, come tutti, abbiamo bisogno di qualcosa. 

Dunque un indicatore utile è proprio quella rabbia che possiamo provare in una relazione. Quando sentiamo rabbia, non diamo per scontato che sia l’emozione principale che stiamo provando. Piuttosto, potrebbe essere un’emozione difensiva che ci protegge dal guardare in faccia emozioni molto più dolorose come la tristezza, la vergogna, la paura e la solitudine legate a quei bisogni infantili che non sono stati sufficientemente appagati da bambini. Se la rabbia è un’emozione che spesso provi in relazione, prova a togliere un velo e vedere cosa c’è sotto. Questo potrebbe permetterti di scoprire l’emozione primaria alla base della tua reazione emozionale. 

ESEMPIO

Per meglio comprendere questa dinamica, ti faccio l’esempio di Erica, che durante il suo percorso di crescita personale, raccontava che sul lavoro, quando un collega veniva complimentato per aver fatto un buon lavoro, lei lo denigrava di fronte agli altri, dicendo che il capo non capiva niente. Questo la faceva sentire meglio, ma i suoi gesti compromettevano le relazioni professionali e riducevano le sue probabilità di avanzamento poiché non era una persona con la quale i colleghi lavoravano volentieri. Questo suo comportamento l’ha dunque messa nella condizione, nonostante i molti anni nella stessa azienda, di non fare mai più di tanta carriera, perdendo importanti opportunità di promozione. 

Durante il lavoro terapeutico, togliendo il primo velo, caratterizzato dalla critica nei confronti dei colleghi, Erica ha scoperto di essere divorata da una moralistica indignazione e rabbia verso l’ingiustizia della sua vita. Ascoltando meglio la sua rabbia, ha potuto scoprire qualcosa di più profondo: nei casi in cui un collega riceveva un complimento o una promozione, una voce dentro di lei affermava “Non è giusto! Non se lo merita. Io sono molto meglio di lui.” Nonostante questo senso di indignazione fosse più autentico della sua critica nei confronti degli altri, ancora non era il bisogno più profondo. 

Apro e chiudo una parentesi: 

Fintanto che abbiamo la nostra attenzione focalizzata su qualcuno o qualcosa al di fuori di noi stessi, non siamo ancora arrivati ai pensieri sottostanti connessi alle nostre fragilità più profonde. Anche questo senso di indignazione, dunque, come la rabbia, è un’emozione che protegge da pensieri ed emozioni più profonde e più dolorose. Per questo, se vogliamo accedere al livello sottostante, dobbiamo focalizzarci su ciò che pensiamo di noi stessi, non degli altri. 

Applicando questo principio e tornando alla storia di Erica:

Una volta fatto questo passo, è emersa la frase “Sono incompetente e non valgo nulla”. Questo era il pensiero che più aveva potenza dentro di sé, che era connesso ai suoi bisogni profondi e che si era dimostrato essere la forza trainante di questi anni. Guarda caso, “sei incompetente e non vali nulla” era anche ciò che più volte le avevano ripetuto i suoi genitori. A questo punto il riconoscimento di quel bisogno infantile mai appagato era a portata di mano. 

Quel bisogno di sentirsi amata e capace che ogni bambino possiede, in Erica si era trasformato in una lacuna importante che ha frenato tanti aspetti della sua esistenza. Lo scopo di questo atteggiamento auto-sabotante era di coprire il suo senso di inadeguatezza e mancanza di valore così come il dolore e la tristezza che li accompagnavano. Erica aveva incanalato questo dolore e tristezza in quella moralistica indignazione che spesso sentiva dentro di sé. Nello sminuire gli altri, nella sua testa Erica cercava di aumentare il suo senso di valore, ma al contempo faceva trasparire la sua profonda insicurezza

Erica racconta come, da piccola, si è sentita stupida e incompetente rispetto alla sorella maggiore, che è sempre stata più brava a scuola. Aveva la sensazione che i genitori dessero più attenzioni alla sorella, il che la faceva sentire di non valere nulla. Per compensare, Erica è diventata ambiziosa e ossessionata dal successo in modo da sentirsi capace e ottenere le attenzioni dei genitori. È anche diventata dura ed inflessibile con gli altri. Quando le persone con cui studiava o lavorava non fornivano prestazioni adeguate alle sue aspettative, diventava impietosa. Nel corso del liceo e dell’università, Erica detestava vedere che qualcun altro ottenesse risultati migliori di lei e reagiva sempre alla stessa maniera, denigrando le loro prestazioni e vantandosi dei propri risultati. Non era in grado di trattenersi dal farlo, anche quando vedeva che il suo comportamento era spesso autodistruttivo. 

Oggi, una volta riconosciuto il suo comportamento malsano, Erica ha anche potuto trovare il bisogno più profondo che ha portato ai comportamenti disfunzionali di tutti questi anni. Attraverso l’uso di pratiche di mindfulness e altre tecniche, ha potuto cominciare a prendersene cura e, con il passare del tempo, a sentire di poter rassicurare questa sua parte bambina bisognosa. 

L’identificazione dei propri bisogni infantili è un passo fondamentale che richiede tempo, così come il prendercene cura. C’è frequentemente un velo di vergogna nel riconoscere che abbiamo ancora bisogno di quelle cose essenziali che non abbiamo ricevuto da piccoli. Prendere atto di avere una bassa autostima e di stare inconsciamente continuamente chiedendo agli altri di darci una conferma del nostro valore può essere vissuto come uno schiaffo al nostro orgoglio. 

L’IMPATTO DI QUESTI BISOGNI NON APPAGATI NELLA NOSTRA VITA (imparare a chiedere)

Questi bisogni non appagati ed i giudizi che abbiamo su di essi hanno un impatto importante sulla nostra vita, perché sviluppiamo dei comportamenti contraddittori e disfunzionali. Come Erica, vogliamo sentirci accettati dagli altri, ma poiché soffriamo, siamo invece giudicanti nei loro confronti, più o meno garantendoci che non verremo accettati. Vogliamo provare intimità, ma invece, poiché siamo insicuri, cerchiamo di impressionare gli altri anziché mostrarci per quelli che siamo veramente, garantendo a noi stessi che usciremo dalla conversazione con chicchessia non sentendoci visti per quelli che siamo veramente. Vogliamo relazioni armoniose, ma invece, per paura del conflitto, semplicemente ignoriamo i problemi, finendo per non sentirci al sicuro con l’altro perché non abbiamo realmente affrontato le problematiche. 

È fondamentale essere in grado di prenderci cura dei nostri bisogni e sono diversi i motivi per cui non ci riusciamo:

  • A volte non chiediamo perché pensiamo che se richiesto, il loro dare non sarà un gesto genuino, come se l’autenticità fosse legata alla spontaneità.

  • A volte non chiediamo perché temiamo di apparire scortesi, inopportuni o bisognosi, ignorando il fatto che le relazioni sono basate sullo scambio reciproco.

  • A volte non chiediamo perché non ci piace pensare di avere bisogno e cerchiamo di convincere gli altri di essere persone straordinarie che di bisogni non ne hanno.

  • A volte non chiediamo per paura di essere rifiutati o perché vogliamo evitare di sentirci dire di no, come se non ci fosse alternativa a prendere un “no” sul personale.

  • A volte non chiediamo perché non ci fidiamo che l’altro sia in grado di rispondere ai nostri bisogni e che non userà queste nostre vulnerabilità contro di noi. In questo caso, se è capitato anche a te, ti invito ad ascoltare l’episodio intitolato “Sei Prudente o Sei Diffidente?”.

  • A volte ci impegniamo a cogliere i bisogni degli altri e ce ne prendiamo cura con l’aspettativa che loro facciano lo stesso con noi, ricevendo in cambio ciò di cui abbiamo bisogno senza doverlo chiedere. Di questo parlo più a fondo nell’episodio intitolato “Stai Avendo Cura o ti Stai Prendendo Cura Degli Altri?”.

  • Infine, a volte non chiediamo perché semplicemente non sentiamo di meritarcelo, come se non valessimo abbastanza o fossimo abbastanza importanti perché qualcuno rispondesse ad un nostro bisogno.

COME PRENDERSI CURA DEI NOSTRI BISOGNI

Dunque quali sono i passi che dobbiamo compiere per riuscire a portare un po’ più equilibrio nella sfera dei nostri bisogni? I passaggi che solitamente insegno le persone che lavorano con me a compiere sono essenzialmente 5:

  1. Imparare ad identificare l’emozione in corso

  2. Riconoscere a quale bisogno insoddisfatto è connessa

  3. Distinguere se è un bisogno adulto o infantile

  4. Accogliere il bisogno in questione

  5. Trovare un modo per appagare questo bisogno

Partiamo dal primo: imparare ad identificare l’emozione in corso. Questo è importante perché ognuno di noi ha una sfera emozionale ed in essa si muovono continuamente sentimenti ed emozioni. Anche qui, come ho già accennato in molti altri episodi, la nostra capacità di ascoltare noi stessi si rivela essere fondamentale. In questo caso in particolare perché nell’identificare le nostre emozioni, abbiamo anche la possibilità di riconoscere in maniera più precisa ciò che si sta muovendo sotto di esse. Come abbiamo visto nella prima parte di questo episodio, la presenza di rabbia e frustrazione può indicare la presenza di un bisogno insoddisfatto. 

Questa consapevolezza dell’emozione in corso ci porta al secondo passaggio, che è quello di riconoscere a quale bisogno è connessa questa emozione. Poiché i nostri bisogni principali tendono ad essere ricorrenti, è facile che sia qualcosa che abbiamo già incontrato più volte. Se questa frustrazione è rivolta a qualcun altro, potremmo chiedere a noi stessi: “Perché provo rabbia per questa persona? Come mi fa sentire il suo comportamento?” oppure ”Cosa vorrei che facesse per me? Qual è la mia aspettativa nei confronti di questa persona?”

A questo punto, il terzo passo è quello di distinguere se si tratta di un bisogno adulto o infantile. Questo naturalmente richiede di aver fatto un po’ di lavoro pregresso su questo fronte, dunque avendo un po’ di chiarezza su quali bisogni dentro di noi sono quelli adulti e quali quelli infantili. Questo ci permette anche di comprendere se l’appagamento di questo bisogno riguarda il rapporto con qualcuno di esterno a noi, oppure riguarda ciò che noi siamo in grado di sentire come nostro valore e qualità personale. 

La quarta fase consiste nell’accettare il bisogno in questione, senza giudicarlo o far finta che non esista. Essere in grado di accogliere i propri bisogni è una condizione indispensabile per poi riuscire a soddisfarli. Potrebbe essere necessario fare un lavoro dedicato all’essere in accettazione di queste importanti parti di noi, poiché sono essenziali per poter trovare quell’equilibrio interno che tutti cerchiamo.

Infine, il quinto passo è quello di procurarsi l’appagamento di questo bisogno. Nel caso di un bisogno adulto, questo implica l’essere in grado di chiedere ciò di cui abbiamo bisogno e di saperlo accogliere quando ci viene offerto. Abbiamo visto in quanti e quali modi ci precludiamo questa possibilità, dunque è necessario fare o aver fatto del lavoro specifico su questo aspetto per permetterci di saper chiedere e ricevere. Nel caso dei bisogni infantili, il lavoro consiste nel sapere utilizzare quegli strumenti che ci permettono in primis di calmare il nostro bambino interiore e successivamente di rassicurarlo che quelle qualità e quel valore che sente di non avere, in realtà ci sono. Facciamo ciò che farebbe un genitore amorevole, aiutando il bambino a calmarsi e andando a ripetere ciò che il bambino ha bisogno di sentirsi dire.

La parte bambina può essere testardamente fissata sul fatto che vogliamo che qualcun altro si prenda cura di noi e dei nostri bisogni, dunque spesso ci induce a non fare quelle cose che ci possono aiutare a prenderci cura di questi nostri bisogni. In questo caso è necessario fare un po’ di lavoro per smussare questa resistenza e dare forza alla nostra parte adulta. 

Per essere in grado di effettuare ciascuna di queste fasi in maniera efficace, potrebbe volerci del tempo ed un po’ di lavoro su diversi aspetti di noi stessi. Al contempo è qualcosa per cui può assolutamente valere la pena di investire un po’ di tempo, poiché incagliarci in una di queste fasi può significare generare difficoltà e abbassare la qualità della nostra vita sia personale che relazionale. In questo senso, può valer la pena di avvalerci del supporto di una figura professionale che ci accompagni in questo processo. 

Saper prenderci cura dei nostri bisogni, adulti ed infantili è un passo fondamentale per vivere più serenamente e fluidamente le nostre vite e relazionarci alle persone care con un’energia completamente diversa, avendo meno aspettative e portando maggiore chiarezza nel rapporto con esse. 

2 Pensieri Importanti Per Lasciare Andare l'Ansia

 
 
 

 

L’ansia è una sensazione sgradevole che spesso condiziona le nostre vite e che nessuno vorrebbe provare. Essa porta con sé ogni forma di disagio, sia fisico, che emozionale, che psicologico.

Poiché l’ansia è generata dalla mente, spesso ha un’intensità tale che siamo convinti che verremo sopraffatti da essa, senza alcuna possibilità di opporci. Questo senso di impotenza è ciò che la rende così intensa e pervasiva.

Nella Meditazione Guidata per l’Ansia che trovi anche in cima a questo articolo, propongo due pensieri importanti che, se tenuti a mente, possono aiutare significativamente a ridurre i livelli dell’ansia.

Il primo pensiero è:

Ricorda che nulla dura per sempre, quindi nemmeno l’ansia. La consapevolezza che questo momento di disagio è passeggero e che fare una pratica di respirazione, di meditazione o di radicamento ti porterà ad uno stato di maggiore calma e serenità, ti può dare un sollievo immediato rispetto a ciò che stai provando

Spesso anneghiamo nella nostra ansia, perdendo la cognizione del tempo e dando per scontato che ciò che stiamo provando in quel momento sarà la nostra condizione per sempre. Sragioniamo e realmente crediamo a questo pensiero irreale, facendoci prendere dallo sconforto e dalla disperazione.

Introdurre un pensiero razionale come quello che la nostra condizione non durerà per sempre, è come una piccola ancora di salvezza che ci aggancia al momento presente. In uno stato di totale irrazionalità, insinua il pensiero che, come i nostri stati d’animo si susseguono continuamente nell’arco di una giornata, anche questo stato d’animo, prima o poi, lascerà il posto ad un altro.

Il secondo pensiero è:

Tieni a mente che tu sei in grado di prenderti cura di te. Così come hai cercato e trovato questo articolo e questa meditazione guidata, in questo momento sei capace di compiere tutti quei passi che ti potranno aiutare a calmare la tua ansia e ritrovare uno spazio di centratura e di pace. Quindi assumendoti la piena responsabilità del tuo benessere e ascoltando una meditazione guidata o facendo qualsiasi altra pratica per portare maggiore calma al tuo sistema, stai garantendoti che, prima o poi, riuscirai a ridurre i tuoi livelli di ansia e a riportarti in uno stato di calma e benessere.

L’ansia riesce a farci pensare di essere impotenti di fronte ad essa. Spesso non ci sentiamo in grado di poter cambiare la nostra condizione e, senza un aiuto esterno, non saremo mai in grado di star meglio. Questo può portarci a non agire e a restare fermi nella nostra condizione.

In questa perdita di autonomia, non prendiamo in considerazione la possibilità che, cercando una pratica come la meditazione guidata che trovi in cima a questo articolo, è possibile ridurre i livelli di ansia in maniera autonoma.

Il grande pregio di questo gesto è che aumenta la fiducia che abbiamo in noi stessi e nella nostra capacità di auto-regolazione. Il senso di impotenza che proviamo quando ci convinciamo di avere indispensabilmente bisogno di qualcun altro per calmarci, ci convince che siamo privi di questa capacità. Diversamente, prendendo in mano la situazione e facendo una pratica dedicata, ritroviamo fiducia in noi stessi e rafforziamo la convinzione che, anche senza un intervento esterno, siamo in grado di aiutarci a stare meglio.

Il Coraggio di Avere Paura

Il Coraggio di Avere Paura

Tutti abbiamo paura. La paura è parte inevitabile dell’essere umani ed è impensabile non averne. È però possibile non farsi governare da essa. Quando abbiamo paura, il primo passo è avere il coraggio di sentirla, di scegliere di guardare negli occhi quella creatura dalla quale ci siamo sempre fatti paralizzare. Ma non dobbiamo farlo per forza da soli! Anzi, è più facile ed efficace se scegliamo di prendere per mano qualcuno che abbia il coraggio di lasciarci la nostra paura senza volerla cambiare, che ci stia vicino e ci aiuti a sentirla senza che essa prenda il controllo della nostra vita. Soprattutto, che ci aiuti a rimanere in contatto con il nostro cuore nonostante tutto ciò che si sta muovendo dentro di noi.

La Rabbia Come Prezioso Alleato (Parte 3)

La Rabbia Come Prezioso Alleato (Parte 3)

Paola è appena uscita da una riunione in ufficio e torna a sedersi alla sua scrivania. Si accorge che è nervosa, non riesce a stare ferma e prova un forte senso di ansia, ma non se ne spiega il perché. Forse è la giornata, forse è stata la riunione, ma non importa. Di fatto è nervosa e c'è la sua collega che sta ricevendo parecchi messaggi sul telefonino e le continue notifiche le stanno dando sui nervi.

La Rabbia Come Prezioso Alleato (Parte 1)

La Rabbia Come Prezioso Alleato (Parte 1)

Nell'immaginario collettivo, quando qualcuno è arrabbiato, è meglio stargli alla larga poiché avvicinarsi a loro ci mette a rischio di aggressione. Quando siamo noi a provare rabbia, poi, che la vittima sia qualcun altro o siamo noi stessi, poco cambia: ci deve essere qualcuno su cui scaricarla. Questa sembra essere la norma: in qualche modo qualcuno deve pagarne le conseguenze. E dunque, poiché si tratta di un'emozione così "scomoda" a livello sociale, la rabbia viene trattata un po' da tutti come un ospite non gradito.